La prima parola che mi viene in mente quando penso alla
bicicletta è libertà.
Libertà perché ripenso alla possibilità di pedalare dove
si vuole buttandosi giù da una discesa a massima velocità o scattando in salita
in piedi sui pedali per superare l’asperità del momento, al guardarsi intorno
mentre si fatica e vedere passaggi splendidi o anche al mulinare come un
forsennato per arrivare in tempo a scuola.
Questa penso sia una sensazione che credo
abbiamo provato tutti, ma la libertà a cui penso non è solo questa è anche il
donare la libertà agli altri grazie alla bicicletta come fece Ginetaccio Bartali
durante la seconda guerra mondiale dove tra Toscana e Umbria pedalando trasportava
di nascosto nel telaio documenti falsi che permisero a centinaia di ebrei di
salvarsi dalle persecuzioni dei nazisti. Questo può essere ricollegato alle
parole di San Paolo “dov’è lo spirito del signore vi è libertà” e può essere
visto come uno stimolo per noi a farci portatori di questo spirito portatore di
libertà magari anche semplicemente pedalando.
Altro pensiero che mi viene in mente pensando al ciclismo è
che esso è sì uno sport individuale, ma nel quale la squadra ha un ruolo fondamentale,
proprio per questo possiamo fare nostre le parole di San Paolo di essere atleti
di Cristo e quelle di Papa Francesco che alla gmg di Rio invitava noi giovani a
giocare nella squadra di Gesù.
Nella squadra ci sono diversi ruoli: i gregari
coloro che hanno un compito allo stesso fondamentale ed ingrato, sono gli
uomini di fatica coloro che sono a totale disposizione del proprio capitano ed
al quale essi danno tutto, non è raro vedere come essi siano più emozionati dei
propri capitani per una loro vittoria o quando il capitano incorre in una crisi
essi lo scortino fedelmente fino al traguardo aspettandolo e spronandolo.
Gli
uomini addetti alle fughe: ultimi romantici del nostro tempo, folli che lottano
contro un destino già segnato, spesso pedalando da soli per centinaia di chilometri
alla ricerca di un sogno che può realizzarsi come infrangersi a pochi metri dal
traguardo, per poi ritrovarli sempre nei giorni successivi a riprovarci, orgogliosi
e testardi.
Il luogotenente, uomo di esperienza al fianco del capitano sempre
pronto a lanciarlo in orbita preparandogli il terreno per l’attacco finale ed
infine lui il capitano il faro della squadra colui che ha l’onore e l’onere di
finalizzare il lavoro della squadra dando un senso a tutti i sacrifici fatti scattando
nel momento opportuno e avvicinandosi alla vetta che si apre poco alla volta
allo scostarsi della folla per concludersi con un trionfo a braccia alzate
verso il cielo.
Tutti noi siamo chiamati a svolgere questi ruoli anche in
supporto di altri ma soprattutto sappiamo che possiamo contare su un Dio
gregario e luogotenente capace di portarci al traguardo a braccia alzate se le
cose vanno bene e anche scortarci fino alla fine dopo una nostra crisi per
poter riprendere il giorno dopo la corsa verso la maglia Rosa finale.
Un Dio
che forse in montagna si sarebbe fatto sostituire da un piccolino pelato con
bandana e orecchino e con una classe e cuore immensi.
Vi chiediamo di pensare a ciò quando salite in bicicletta e
di provare ad essere davvero atleti di cristo nella corsa della vita.
Fugone 5.
Nessun commento:
Posta un commento