giovedì 26 gennaio 2017

Auguri Sagan

Lettera al campione di tutto

Caro Peter,
innanzitutto auguri per il tuo 27esimo compleanno e un grazie per le imprese che ci stai regalando in questi anni che verranno ricordati come l'era Sagan, colui che ha salvato il ciclismo moderno dalle corse supercontrollate e scontate, dalle dichiarazioni banali e noiose. 


E pensare che la prima impressione che avevo avuto di te non era stata delle migliori: Tirreno-Adriatico 2012 correvi per la Liquigas di Nibali, nella quarta quarta tappa Vincenzo nell'ultimo km parte per andare a vincere la tappa, ma all'improvviso da dietro sbuca un ragazzo in maglia verde-bianca che supera il capitano, portandosi dietro Kreuziger diretto avversario per la generale, per andare a vincere. Quel ragazzo eri tu, gli insulti che ti sei preso quel giorno da parte dei tifosi e della squadra penso ti siano rimasti ancora addosso, anche se da grande corridore che sei due tappe dopo ti sei messo al servizio completo di Nibali permettendogli di conquistare l'abbuono decisivo per la vittoria finale. Errore perdonato e occhi puntati su un predestinato.

La vittoria incriminata

Nell'estate di quell'anno al Tour tutto il mondo ha potuto vedere il nuovo astro del ciclismo nella sua genuina interezza, da lì abbiamo imparato a conoscere le Saganate varie: dai festeggiamenti alla Forrest Gump, all'incredibile Hulk, all'impennate in qualsiasi momento anche sul Mont Ventoux, emblema della fatica al Tour, alle mitiche risposte come: "Sei l'Ibrahimovic del ciclismo?"-"Chi è Ibrahimovic?", o l'approccio alla miss sul podio delle Fiandre, passando per due anni di secondi posti al Tour che ci hanno permesso di gustarci ancora di più il tuo dominio incontrastato iniziato con un numero strepitoso al mondiale di Richmond; sei riuscito a metterci tutti a guardare le olimpiadi di mountainbike per sperare in una tua impresa, solo la sfortuna ti ha bloccato; ci hai regalato perle filosofiche come "Gli altri ridono di me perchè sono diverso, io rido di loro perchè sono tutti uguali".




Concludendo, Peter non cambiare mai, rimani quello di sempre, quello che non prende mai le cose troppo sul serio, regalati e regalaci ancora quello che manca al tuo palmares con la consapevolezza che il futuro del ciclismo dipende molto da te e per poter farci dire un giorno di aver avuto la fortuna di veder correre il primo Peter Sagan della storia.


Fugone 5.

P.S. Se a maggio non sai cosa fare c'è il Giro numero 100 che ancora spera di vederti alla partenza, dimostraci che se è impossibile vincere tutti i tre grandi giri in una stagione, non lo è vincere tre classifiche a punti.

venerdì 20 gennaio 2017

Tour Down Under IV tappa

IV Tappa

Tanto per cambiare è ancora Caleb Ewan a centrare il successo nella quarta tappa davanti a Sagan e a Van Poppel, non pervenuto Bonifazio il migliore azzurro è stato Battaglin.
 Domani tappa regina che deciderà l'esito della corsa: Porte si deve guardare le spalle da Izaguirre e Chaves a 20 e 22 secondi, ma anche altri si possono inserire nel discorso vittoria finale dati i distacchi contenuti.

Fugone 5.

giovedì 19 gennaio 2017

Tour Down Under- III Tappa

III Tappa

Seconda tappa che si conclude in volata e seconda vittoria di Caleb Ewan che ha preceduto sul traguardo Sagan e Bonifazio. Sagan ha provato a sfruttare una caduta di gruppo all'ultima curva, ma Ewan non si è fatto sorprendere.
 In classifica generale Porte mantiene la leadership, perdendo 2" sul traguardo; domani ancora un'occasione per i velocisti, sarà tris per Ewan?


Fugone 5.

mercoledì 18 gennaio 2017

Tour Down Under-II Tappa

II Tappa

In terra Aussie non passa lo straniero: anche la seconda tappa va ad un indigeno, questa volta tocca a Richie Porte che ha saputo sfruttare al meglio il lavoro dei suoi compagni di squadra scattando ad un km e mezzo dal traguardo, riuscendo a strappare un buon margine sul gruppetto inseguitore. Al traguardo ha trionfato con 16" sul duo Izaguirre, Chaves che hanno preceduto di poco gli altri big. Primo degli italiani Diego Ulissi che ha chiuso in sesta posizione.
Porte passa al comando della classifica generale, domani terza tappa con arrivo incerto, avremo ancora un vincitore australiano?

Porte sul traguardo


La classifica di tappa





Fugone 5.

martedì 17 gennaio 2017

Tour Down Under-Tappa I

I Tappa

E' Caleb Ewan ad aggiudicarsi la prima tappa della stagione e della corsa australiana confermando un buono stato di forma. L'australiano ha preceduto sul traguardo il velocista Sky Van Poppel e Bennett lanciado da Peter Sagan che ha chiuso 18esimo; miglior italiano Bonifazio che ha chiuso in quinta posizione. Nessun problema per gli uomini di classifica, domani arrivo con il finale in leggera salita, sarà la prima dell'anno di Sagan o i big affonderanno il colpo?

Ewan si gode la vittoria e la maglia di leader

Fugone 5.

domenica 15 gennaio 2017

Tour Down Under 2017


La stagione 2017 inizia ufficialmente martedì con la prima corsa World Tour, il Tour Down Under. Corsa giovane, è alla ventesima edizione, ma che può offrire un antipasto gradevole alle sfide che verranno grazie al livello degli uomini che si sfideranno sulle strade australiane. 

Un nome su tutti Sagan, accompagnato dalla grande rivelazione dello scorso anno Chaves, dal quattro volte vincitore Gerrans, a Caleb Ewan ottimo sprinter, Porte, Dennis e gli italiani Bonifazio, per le volate, oltre a Ulissi e Visconti che potrebbero dire la loro su alcune tappe con finali in salita.

La corsa si svolgerà dal 17 gennaio al 22 e sarà visibile su Bike Channel (SkyHD) in differita, se siete tra il 99,9% delle persone che non riescono a vedere determinato canale affidatevi ai nostri riassunti.

Andiamo ad analizzare ora il percorso tappa per tappa:


I tappa

Si parte da Unley e si arriva a Lindoch dopo 145 km, percorso ondulato con un circuito finale da ripetere tre volte. Il percorso potrebbe lasciare spazio a fughe da lontano, ma dato il finale pianeggiante la volata finale sembra scontata. Sarà un duello tra Ewan, che si è aggiudicato oggi un criterium dimostrando una buona condizione di forma e Sagan, sempre che non si travesta da gregario per aiutare il compagno Samuel Bennett; il nostro Bonifazio potrebbe dire la sua.

II tappa



Da Stirling a Paracombe di 149 km, con un arrivo finale indicato come gpm di prima categoria, anche se la salita è lunga solamente un km e mezzo. Si presta a scalatori scattisti come Chaves, anche se uomini veloci che tengono bene in salita come Gerrans, Ulissi e anche lo stesso Sagan potrebbero essere pericolosi.

III tappa



Da Glenelg a Victor Harbor di 144 km. Tappa confusionaria con un gpm a metà percorso e un circuito finale da ripetere 4 volte. L’altimetria sembra trarre in inganno mostrando uno strappetto interessante nel finale ma i 3 km finali sono piatti, più probabile un arrivo in volata che il successo di un coraggioso che attacca sul dentello.

IV tappa



Da Norwood a Campbell Town lunga 150 km. Tappa mossa, si potrebbe prestare ad una fuga, il km finale è in leggera salita, alta occasione per i velocisti che tengono bene quando la strada si inclina.

V tappa



Da McLaren Vale a Willunga Hill, complessivi 153 km. Tappa regina della corsa, con le due scalate in successione della Willunga Hill, dove i big si contenderanno il successo finale.

VI tappa



Passerella finale di 90 km nella città di Adelaide che comprende un circuito di 4,5 km da ripetere 20 volte, a poter scongiurare la volata finale potrebbe pensarci un gpm di terza categoria sulla Montefiori Hill posto a 2 km dal traguardo, anche se un’azione del genere difficilmente avrà successo.

Fugone 5.

mercoledì 4 gennaio 2017

Un regalo per ricominciare la stagione.

Eccoci di nuovo qua!

La stagione 2017 è alle porte e noi riapriamo i battenti, pronti per darvi, a modo nostro, le ultime news dal mondo del ciclismo!

Sotto Natale (ok, forse è po' tardi...) vogliamo farvi un regalo: ecco a voi Il Grande Pozzi, un bellissimo racconto di Stefano Benni, tratto dalla raccolta Bar sport. Godetevelo, intanto noi ci inventiamo qualcosa di bello per l'anno appena iniziato!



Quell'anno il grande Pozzi aveva vinto quasi tutto, insomma non aveva più avversari. A volte pedalava con una gamba sola, a volte per divertirsi saltava giù di sella, si nascondeva dietro un albero, poi quando passava Bartoli saltava sulla ruota di dietro e si faceva portare per molti chilometri, poi cacciava giù Bartoli dalla bicicletta e arrivava da solo al traguardo. Vinse il giro d'Italia, quello di Francia, del Belgio, di Spagna, la Milano-Leningrado, il giro dei Vosgi e altre chicche. Finché un giorno venne a sapere che c'era un giro di Germania, e si iscrisse.

Al giro di Germania c'era anche il famoso Girardoux. Era alto più di due metri, con un culo enorme, tanto che al posto del sellino aveva una sedia da barbiere. Era completamente calvo, all'infuori di una folta capigliatura rossa che teneva annodata in trecce legate con filo spinato. Aveva anche due baffi dritti, orizzontali, durissimi e prensili, con i quali infilzava e si metteva in bocca il cibo mentre correva. Mangiava una zuppa tipica della sua regione, l'Artois, a base di metano e cappone lesso, e faceva dei rutti spaventosi all'indietro facendo cadere chi lo inseguiva. Aveva anche due piedi enormi; tutte le volte che stava per attaccare si gonfiavano ed emettevano un sinistro suono di carillon. Allora Girardoux inarcava la schiena e con quattro pedalate scompariva sui tornanti: la sua potenza era tale che spesso doveva frenare in salita per non uscire di strada. La macchina della casa, che era la Bouillabaisse Balboux, o qualcosa del genere, non riusciva mai a tenergli dietro. Quindi, quando forava, Girardoux dava un colpo di reni e proseguiva solo sulla ruota di dietro. Una volta forò tutte e due le gomme e vinse egualmente saltando sul mozzo del cannone come su un cangurino.

Quando Pozzi seppe che c'era anche Girardoux, disse una frase storica, «Adesso si vedrà», poi prese una pompa di bicicletta e ci fece un nodo. Quando Girardoux lo venne a sapere, disse: «Ah, sì?», e prese una pompa di bicicletta e ci fece tre nodi. Allora Pozzi disse: «Così, eh?», prese due pompe di bicicletta e ci fece una griglia rustica. Allora Girardoux disse: «Così, uh?», prese quattro pompe di bicicletta e ci fece un ritratto di profilo di D'Annunzio, per la verità non molto somigliante. Allora Pozzi prese il meccanico di Girardoux e ci fece una pompa di bicicletta. Allora Girardoux prese il meccanico di Pozzi, che però era molto furbo e non solo non fu neanche toccato, ma riuscì anche a vendergli per tre milioni una casa decrepita a Milano Marittima. I giornali montarono subito la faccenda, e subito qualcuno parlò di rivalità.

L'attesa dello scontro diventò frenetica. Pozzi prese nella sua squadra, la Zamponi, due gregari fortissimi, i fratelli Panozzo, che oltre a pedalare fortissimo erano eccellenti portatori d'acqua. Oltretutto, uno dei due sapeva fare dei cocktail stupendi, e l'altro era famoso perché una volta, sullo Stelvio, aveva preparato una carbonara per otto ai compagni di fuga senza smettere di pedalare. Poi c'era un certo Zuffoli, laureato in medicina, che faceva i massaggi e operava d'appendicite senza scendere di bicicletta, e oltretutto aveva inventato una «bomba» formidabile, di cui però non conosceva gli effetti collaterali. Infatti, durante una tappa di pianura cominciò a coprirsi di aculei e fu abbattuto a fucilate mentre cercava di mangiare un telecronista belga. Nella squadra c'era anche Sambovazzi, quello che tirava le volate e i mattoni in testa a chi fuggiva. Poi c'era Borzignon, che era un veneto molto buono che aveva il compito di pregare. Poi c'era Frosio che aveva una bellissima voce e quando c'erano le tappe di montagna e gli spagnoli fuggivano, emetteva acuti provocando rovinose valanghe. Fu uno dei gregari migliori, fin quando gli spagnoli non cominciarono a attaccare ai thermos dei San Bernardo.

Girardoux aveva anche lui una squadra coi fiocchi: tutti ciclisti alti due metri e con i baffi: per allenarsi facevano le gare con l'ascensore all'Hôtel Vienna di Berlino, dove erano alloggiati all'ultimo piano, negli appartamenti reali, e facevano una bella impressione entrando tutti e dodici in bicicletta e frac lungo lo scalone della sala da pranzo Toscanowsky.

Girardoux era un atleta molto diverso da Pozzi. Pozzi non beveva e non fumava, Girardoux fumava novanta sigari al giorno e beveva come un tombino. Pozzi era morigerato e andava a letto ogni sera alle nove. Girardoux aveva sei amanti, una spagnola, due sorelle russe, una cubana, una peruviana e una zingara bellissima che aveva rapito durante una cronometro in Ungheria. Andava sempre a letto dopo le tre, e si presentava la mattina alla tappa con delle clamorose vestaglie di seta arancio e lilla bevendo pastis. A volte dormiva un'oretta nei primi chilometri, in un'amaca tesa tra le biciclette di due gregari. A volte partiva solo a mezzogiorno e dopo dieci minuti era già col gruppo. Pozzi era modesto e semplice; Girardoux suonava otto strumenti, sapeva battere a macchina e fare il verso del riccio sorpreso a rubare. Ma tutti e due avevano un fisico e una forza tremendi: Pozzi poteva restare due giorni senza respirare e gonfiare uno Zeppelin senza tirare il fiato. Il cuore di Girardoux batteva tre volte al giorno, a mezzogiorno, alle sei e alle nove, e i polmoni tenevano di listino fino a ottomila litri.Il giorno della partenza, a Berlino, c'erano più di tre milioni di persone. Il Kaiser in persona venne alla punzonatura, entrò nel box della squadra italiana, volle vedere la bicicletta di Pozzi e rimase con un dito tra i raggi. Poi andò nel box francese e parlò mezz'ora in tedesco con Girardoux, che però parlava solo francese e disse delle cose insignificanti.

Quando Pozzi e Girardoux si videro sulla linea del traguardo, dapprima si ignorarono. Poi Pozzi inspirò profondamente e da venticinque metri soffiò e fece volare il berrettino di Girardoux fino in tribuna d'onore. Allora Girardoux soffiò a sua volta e sbatté Borzignon, due meccanici e l'ammiraglia della Zamponi contro il muro di una casa a duecento metri. Subito accorsero i soldati che misero due tappi da damigiana in bocca ai rivali che si fronteggiavano minacciosamente.Alle nove, si partì. La prima tappa portava da Berlino a Vienna attraverso tutti i Carpazi, e misurava milleduecentotto chilometri.Dato che c'erano Pozzi e Girardoux, infatti, gli organizzatori avevano predisposto un giro tremendo e pieno di insidie. Subito allo sparo d'avvio Pozzi scattò e Girardoux si attaccò dietro, pulendosi il naso nel didietro della maglietta dell'italiano per provocarlo.

Alle porte di Berlino avevano già nove minuti e trenta secondi sul gruppo, guidato dal tedesco Krupfen che correva vestito da vichingo.Vicino a Francoforte, Pozzi e Girardoux trovarono un passaggio a livello chiuso, ma lo sfondarono e tirarono dritto. Poco dopo giunse Krupfen che fu investito dal Milano-Brennero e finì in un vagone di emigranti italiani, dove conobbe una napoletana che sposò e con cui mise su una pizzeria tipica ad Amburgo. Nel gruppo, italiani e francesi cominciarono subito a tirarsi degli schiaffi: a Düsseldorf Pozzi vinse il traguardo volante. I due attaccarono i Carpazi: Girardoux mise su un 54 X 452, cioè un rapporto con cui faceva duecento metri a pedalata; Pozzi mise su un 56 x 462, da duecentocinquanta metri al colpo. Girardoux mise su uno 0,8 alla francese, per cui ogni pedalata corrispondeva a un giro completo turistico di Pigalle. Pozzi mise su un 48 liscio, cioè un motorino della Morini. A quota 3450 metri cominciò a nevicare, e due fulmini colpirono il manubrio di Pozzi, che si fuse. Pozzi proseguì senza mani, ma Girardoux lo staccò subito di sei secondi. A 5800 metri la strada franò, ma il francese senza esitare si arrampicò sul ghiacciaio. A 7000 metri c'erano sei metri di neve, ma Girardoux continuò a salire benché il freddo fosse ormai insopportabile. Pozzi strozzò due lupi esi fece un tre quarti e un colbacco, ma mentre stava per raggiungere il rivale precipitò in un crepaccio pieno di bicchieri di carta e tovagliolini di picnic usati.

Girardoux ridendo beffardamente arrivò in cima alla montagna e si buttò giù da ottomila metri con la bicicletta, arrivando leggero come una piuma sulla punta dei piedi. Ma nell'ebbrezza del trionfo si era sbagliato e si era buttato giù dal versante russo invece che da quello bulgaro, e quindi dovette tornare su e rifare tutto il giro. Intanto arrivò Borzignon e trovò Pozzi che, impazzito, si lanciava pedalando contro le pareti del crepaccio; Borzignon si stracciò la maglietta, ne fece una corda e tirò su Pozzi. Pozzi e Girardoux si trovarono insieme in cima e si buttarono insieme: ma Girardoux era più pesante e vinseper un secondo. Terzo arrivò Borzignon in mutande. Quarto doveva arrivare il francese Pellier che però sbagliò il salto e si schiantò sul tetto di una funivia. A tre ore e ventisei minuti arrivò una valanga di neve: dentro c'era il gruppo con quarantatré corridori, un orso e tre maestri di sci.Quella notte nel clan francese ci fu una grande festa, e Girardoux offrì champagne a tutti. I giornali francesi uscirono in edizione straordinaria e Girardoux fu chiamato «La bestia umana» «Lo stambecco dell'Artois» «Il fulmine della montagna» «La ruspa transalpina»«L'anatrona dei Pirenei». Pozzi invece andò a letto senza lavarsi i denti, meditando furibondo la vendetta.La mattina dopo ci fu la seconda tappa, detta «il diagonalone», seimilatrecento chilometri d'autostrada da Lisbona a Leningrado. Il gruppo rimase compatto fino ai milletrecento chilometri: poi,all'autogrill Pavesi, Borzignon chiese di poter andare un po' avanti per salutare i suoi a Cattolica. Pozzi e Girardoux diedero il permesso e Borzignon partì come un ossesso. Pochi minuti dopo nel gruppo cominciò a circolare la voce che Borzignon era di Pordenone. Pozzi urlò «Traditore!» e si lanciò all'inseguimento. Borzignon aveva già due ore e mezzo di vantaggio, ma in poche pedalate fu ripreso: venne ammonito e picchiato.

Allora Girardoux cominciò a fare una gara tattica. Disse: «Beh, io vado a fare un giretto», e uscì a Rimini nord. Pozzi,preoccupatissimo, gli si pose alle calcagna. Girardoux, tranquillissimo, comprò un gelato e si mise a passeggiare sul lungomare. Pozzi e tre gregari lo seguirono pedalando sulla spiaggia.Poi Girardoux fece il bagno in moscone. Nel clan italiano tutti erano molto preoccupati per la mossa del francese. Girardoux fece sei partite a flipper, comprò alcune cartoline e andò a vedere i delfini.Uno dei Panozzo lo seguì strisciando sul bordo della piscina, un delfino saltò e ne fece un boccone. Alle otto e mezzo di sera il gruppo era a settecento chilometri di distanza, ma Girardoux non dava segni di impazienza. Pozzi invece era nervosissimo e ogni tanto sbuffava aprendo larghe voragini sulla strada. Alle dieci Girardoux si presentò al Mocambo e invitò a ballare una tedesca. Pozzi, nascosto dietro una palma, lo sorvegliava. Ballarono a lungo, poi Girardoux tentò uno stricco e prese una sberla. Allora invitò un'altra tedesca.Ballarono fino a mezzanotte. Il gruppo intanto era a trenta chilometri dal traguardo. A mezzanotte e mezzo Girardoux e la tedesca cominciarono a fare i gustini e Borzignon mugolò, eccitatissimo. All'una i due uscirono teneramente allacciati e si diressero verso l'albergo Mareverde. Pozzi li seguì e li vide entrare in camera mentre a Lisbona il gruppo entrava sulla dirittura d'arrivo. Girardoux si levò la maglietta e il berrettino: poi, mentre la tedesca andava in bagno, si tolse i pantaloni: si guardò un momento intorno e fulmineo trasse di tasca una bicicletta e partì come un fulmine dalla finestra.Pozzi urlò «Maledetto!», e si lanciò all'inseguimento. In pochi secondi, testa a testa, percorsero gli ottocento chilometri d'autostrada lasciando dietro di sé un sibilo acutissimo e un forte odore di polvere da sparo, e piombarono sul gruppo a duecento metri dall'arrivo. A questo punto nello stomaco di Girardoux il grande sforzo e il gelato riminese diedero luogo a una improvvisa reazione chimica; dalla bocca del francese uscì una colonna di fumo alta trentanove metri profumata al pistacchio, ed egli impallidì e si fermò a vomitare a due metri dal traguardo: Pozzi vinse con due secondi di vantaggio, e prese la maglia rosa. Girardoux crollò di schianto tagliando il traguardo con la lingua, che si era gonfiata fino a raggiungere le dimensioni di un materasso.

Quella notte nel clan italiano ci fu una gran festa, e Pozzi offrì champagne a tutti. I giornali francesi uscirono in edizione straordinaria e Pozzi fu chiamato «L'aquila delle pianure», «Il falco da casello a casello», «L'angelo delle autostrade» e «L'esperta pantera». Nel clan francese ci furono quattro suicidi e due casi di asiatica. Il vecchio meccanico Rougeon, di ottantasette anni, che da ottantadue anni montava le biciclette della équipe transalpina, si avvicinò a Girardoux col viso stanco e rugoso solcato da grosse lacrime, e con la voce tremante per la commozione gli mise una mano sulla spalla, disse «Oh, Girou», e gli piantò un cacciavite multiplo tra gli occhi.Il vecchio patron Biroux radunò il suo staff e fu studiato un piano diabolico per la notte. Si sapeva che Pozzi era molto morigerato, ma che sotto sotto gli piacevano moltissimo due cose: le donne strabiche e i rusticani acerbi. Durante la notte sarebbe stata mandata nella camera di Pozzi una ballerina delle Folies Bergère, la famosa Isabellela Strabique, con un canestro di rusticani. Pozzi sarebbe senz'altro stato stroncato dall'amore e da una colica. Il piano fu senz'altro approvato. Venne chiamata Isabelle la Strabique, che era una bellissima donna dai capelli rossi, figlia di una zingara polacca e di un concessionario Alfa Romeo di Mâcon. Era tanto strabica che la pallina nera, dall'occhio destro, si era spostata nel globo sinistro,e viceversa, cosicché aveva gli occhi perfettamente normali. Ma Pozzi,che era un intenditore non si sarebbe fatto certamente ingannare dalle apparenze. Isabelle venne davanti al patron, fece una bellissima danza zingara e chiese cosa si voleva da lei. Il patron glielo spiegò e Isabelle disse che lo avrebbe fatto volentieri per la Francia e per sei milioni. Nel dire ciò, spostò la pallina nera dal destro al sinistro e viceversa. Infatti quando parlava di soldi aveva spesso di questi strani fenomeni. Talvolta tutte e due le pupille finivano nello stesso occhio e sull'altro non restava che il bianco, oppure compariva una pubblicità della soda Perrier. Il gregario Barzac andò a rubare un canestro di rusticani acerbissimi da un contadino che lo impallinò a sale. Isabelle partì, vestita da contadinella col canestrino, e Girardoux tutto soddisfatto tornò nella sua camera.

Ma, sorpresa delle sorprese, il clan italiano non era rimasto con le mani in mano, e nella camera Girardoux trovò una negra con la testa a pera e un cesto di bomboloni, le uniche due cose a cui non sapeva resistere. E subito si diede a un'orgia sfrenata. I compagni sentirono un rumore infernale provenire dalla camera del campione, ma pensarono che fosse un attacco di pavus nocturnus, a cui egli era soggetto, e si addormentarono.

Intanto Isabelle si palesò davanti alla camera di Pozzi, dove stavano di guardia Borzignon e Panozzo, e li stroncò con due colpi di kung-fu,di cui era esperta. Indi si presentò in tutta la sua bellezza a Pozzi,che stava dormendo abbracciato a un orsacchiotto di pezza alto due metri, che era il suo giocattolo preferito fin dalla tenera infanzia.Pozzi si svegliò e i suoi occhi ebbero un bagliore: si avventò sui rusticani e solo sei ore dopo, sazio, si abbandonò sul letto fumando una sigaretta.La mattina dopo Girardoux si presentò alla partenza coperto di crema fino alla testa, e con le narici completamente otturate dallo zucchero. Pozzi invece fu legato alla bicicletta con quattro tiranti perché non stava nemmeno in piedi per i dolori alla pancia. La tappa era di tremila chilometri, e comprendeva tra l'altro la Maiella, le Ande, il Mac Kinley, il ghiacciaio dello Jungfrau, l'attraversamento del Gobi e un esame di cultura generale.

Pozzi e Girardoux ai mille chilometri avevano sei giorni di svantaggio: ai duemila un mese e mezzo. Borzignon arrivò a New Yorkprimo, salutato da dieci milioni di persone entusiaste, vinse la tappa e il giro.

Pozzi e Girardoux non arrivarono quell'anno, né quello dopo. Il terzo anno il cronometrista disse: «Vado a dire a casa che tardo», e sparì.I giornali ne parlarono per un po'. Qualcuno disse che i due avevano sbagliato strada, ed erano precipitati in un burrone vicino a Mosca.

Altri ancora che avevano messo su una discoteca sulle montagne Abruzzesi ed erano falliti. Altri dissero che Pozzi era fuggito in America e viveva nelle fogne dove aveva fondato una setta segreta Voodo, e due portoricani asserirono di averlo visto apparire invecchiato e con una lunga barba, da un water di Manhattan. Girardoux invece aveva cambiato sesso a Casablanca ed era diventato una santa.Dopo qualche anno, però, nessuno si ricordò più di loro.

Solo il vecchio meccanico di Girardoux, Rougeon, aspettò seduto sul bordo della strada altri nove anni il suo pupillo col cacciavite multiplo in mano, mirabile esempio di fedeltà. Dieci anni fa su quel punto della strada fu costruito un palazzo residenziale di nove piani.

Dopo lunghe consultazioni, si decise di lasciare Rougeon al suo posto,e infatti, fino a tre anni fa, chi voleva vedere il meccanico di Girardoux, poteva andare al pianterreno del palazzo dove, protetto da una griglia di vetro, c'erano tre metri quadrati della vecchia strada e Rougeon seduto su un pilastrino. Finché, appunto tre anni fa, una mattina alle 8,30 Rougeon disse: «Beh, adesso mi sono rotto i coglioni», si alzò e se ne andò. Appena fuori dal palazzo finì sotto un autobus. Aveva cento quattordici anni. Uomini così non ce ne sono più. E neanche come Pozzi e Girardoux. Dio sa dove sono.